Quanto si può vivere con l’immunoterapia? Ecco cosa dicono gli studi

L’immunoterapia rappresenta una delle innovazioni più rilevanti della medicina oncologica contemporanea, con un impatto significativo sull’aspettativa di vita di molti pazienti affetti da neoplasie avanzate. La domanda su quanto si possa vivere grazie a queste terapie è centrale nella gestione clinica e nel dialogo medico-paziente, ma richiede una risposta articolata che tenga conto delle eterogeneità cliniche, biologiche e terapeutiche che caratterizzano sia i tumori sia i soggetti che li affrontano.

Variabili che influenzano la sopravvivenza con l’immunoterapia

La risposta all’immunoterapia varia sostanzialmente in base a diversi fattori individuali e patologici:

  • Tipo di tumore: Alcuni tumori, come il melanoma avanzato e il carcinoma polmonare non a piccole cellule, hanno mostrato risultati particolarmente incoraggianti con l’impiego di farmaci immunoterapici.
  • Stadio della malattia: Il livello di avanzamento del tumore al momento dell’inizio del trattamento influisce notevolmente sulla prognosi.
  • Risposta individuale dell’organismo: La capacità del sistema immunitario del paziente di essere attivato efficacemente dai farmaci rappresenta una delle principali variabili di risposta.

In ogni caso, la durata della risposta all’immunoterapia e l’aumento dell’aspettativa di vita non sono uniformi per tutti: è frequente osservare differenze anche significative fra pazienti trattati per la stessa patologia e con lo stesso protocollo terapeutico. Le immunoterapie più diffuse, come gli inibitori dei checkpoint immunitari (anti-PD-1, anti-PD-L1, anti-CTLA-4), vengono somministrate in sedute ripetute ogni due o tre settimane, e può essere necessario attendere settimane o mesi per valutare la reale efficacia clinica della cura.

I dati degli studi: sopravvivenza a medio e lungo termine

Le evidenze raccolte negli ultimi anni hanno mostrato risultati straordinari soprattutto in tumori precedentemente refrattari alle terapie tradizionali. Il caso emblematico è rappresentato dal melanoma avanzato: i dati aggiornati degli studi internazionali presentati nei congressi ESMO e nel trial CheckMate 067 indicano che la sopravvivenza globale mediana può raggiungere circa 72 mesi (quasi 6 anni) quando si utilizza la combinazione di nivolumab e ipilimumab. Ciò rappresenta un progresso radicale rispetto alla sopravvivenza mediana inferiore all’anno che caratterizzava questi pazienti con le terapie standard precedenti.

Alcuni punti salienti emergono dagli ultimi studi:

  • Il tasso di sopravvivenza globale a 5 anni si attesta all’86,6% nei pazienti trattati con immunoterapia, rispetto all’81,2% ottenuto con placebo, in alcuni sottogruppi di pazienti oncologici.
  • Una proporzione significativa di pazienti che non presenta progressione di malattia oltre i tre anni dall’inizio del trattamento mantiene una sopravvivenza molto alta anche a 10 anni dalla diagnosi, con un tasso di sopravvivenza specifica per tumore superiore al 95% fra i rispondenti.
  • L’immunoterapia, in alcuni casi, ha trasformato la storia naturale di tumori come il melanoma, passando da una prognosi quasi sempre infausta a una condizione in cui oltre la metà dei malati può vivere molti anni dopo la diagnosi.

L’effetto positivo sulla sopravvivenza è stato confermato anche nel carcinoma polmonare e nel carcinoma della vescica, nonché in sottotipi specifici di carcinoma mammario triplo negativo, specie nelle fasi precoci trattate prima o dopo l’intervento chirurgico. È importante sottolineare come questi dati siano stati riscontrati anche nella pratica clinica quotidiana, al di fuori degli studi controllati, a conferma della reale efficacia dei trattamenti nella popolazione generale.

Durata del trattamento e aspettative nei diversi pazienti

La durata complessiva dell’immunoterapia può variare notevolmente:

  • Ci sono percorsi terapeutici che hanno una durata di alcuni mesi, mentre altri possono essere prolungati fino a uno o due anni in base alla risposta clinica e allo stato di avanzamento della malattia.
  • Concludere il trattamento non implica sempre la ripresa della malattia: in molte occasioni, i pazienti che hanno ottenuto una risposta duratura restano liberi da progressione per molti anni dopo la fine della terapia.

Il beneficio sulla sopravvivenza non riguarda però tutta la popolazione trattata: per una quota di pazienti, purtroppo, il tumore può non rispondere in modo soddisfacente ai farmaci immunoterapici. Le motivazioni di questa eterogeneità della risposta sono oggetto di intensa ricerca scientifica, finalizzata a individuare biomarcatori predittivi che consentano in futuro una selezione più precisa dei candidati alla terapia.

Considerazioni cliniche, follow-up e qualità della vita

Il significativo allungamento della sopravvivenza e la possibilità di remissioni complete durature, talvolta considerate una potenziale guarigione, hanno profondamente influenzato anche la gestione a lungo termine degli ex pazienti oncologici. Si discute sempre di più del diritto all’oblio oncologico per chi rimanga libero da malattia per almeno 5 anni dalla fine delle terapie, garantendo che non subisca discriminazioni sociali, assicurative o lavorative dovute alla precedente diagnosi.

L’immunoterapia presenta anche il vantaggio di una tollerabilità nella vita quotidiana generalmente superiore rispetto alla chemioterapia tradizionale, pur non essendo esente da possibili effetti collaterali, soprattutto immunomediati, che devono essere gestiti da specialisti esperti.

L’importanza di una valutazione multidisciplinare del paziente resta centrale per identificare i candidati più idonei, monitorare la risposta e la comparsa di eventuali tossicità, e definire un follow-up personalizzato che tenga conto sia delle evidenze scientifiche sia delle condizioni personali e sociali di ogni individuo.

Grazie ai rapidi progressi della ricerca, è oggi possibile ipotizzare che l’immunoterapia possa offrire, in sottogruppi selezionati di pazienti rispondenti, una possibilità reale di controllo a lungo termine della malattia, se non addirittura di cura definitiva, cambiando radicalmente la prospettiva storica che accompagnava molte diagnosi oncologiche.

Per approfondire le basi biologiche e i meccanismi d’azione di queste terapie, si consiglia una consultazione diretta della voce immunoterapia, che offre un quadro completo e aggiornato sull’argomento.

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