È ora di smettere di usare questa espressione per le colf: ecco la definizione corretta

Il termine che comunemente si usa per chi lavora nell’ambito domestico svolgendo pulizie, gestione della casa e altri compiti correlati è spesso “colf”, una parola così radicata nel linguaggio quotidiano da sembrare insostituibile. Tuttavia, questa espressione, seppur largamente accettata, non sempre veicola in modo corretto la professionalità e la varietà di mansioni che caratterizzano questa figura fondamentale della società moderna. Solo negli ultimi decenni la riflessione sul modo di chiamare chi lavora nelle nostre case è cresciuta, spingendo verso una maggiore precisione e rispetto nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori domestici.

Origine e significato della parola “colf”

La parola “colf” è un’abbreviazione della formula “collaboratore/trice familiare”, nata per esprimere una funzione di supporto all’interno della famiglia, differenziandosi dai termini antichi e ormai inadeguati come “serva” o “domestica”colf. Questa evoluzione linguistica riflette il cambiamento nella percezione sociale del lavoro domestico, che negli ultimi decenni è stato oggetto di un lungo processo di riconoscimento e di valorizzazione. L’uso prevalente al femminile risponde alla realtà statistica: circa il 90% degli addetti al settore sono donne. Tuttavia, la definizione corretta riconosce anche il maschile, declinando così “colf” sia per uomini sia per donne.

La definizione tecnica, prevista dal Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro Domestico (Ccnl), è “collaboratrice generica polifunzionale”, in quanto non esistono mansioni predefinite ma un ventaglio di attività che può variare dalla pulizia alla gestione della lavanderia, dalla preparazione dei pasti all’eventuale assistenza ad animali domestici, nonché la cura degli spazi verdi della casa. L’inquadramento contrattuale dipende dal grado di autonomia e competenza richiesto, ma resta essenziale che la definizione sia precisa già nella lettera di assunzione, evitando ambiguità o sovrapposizioni con altre figure professionali, come le badanti o le babysitter.

La distinzione tra “colf” e altre figure domestiche

È fondamentale distinguere il ruolo della colf da quello di altre figure che operano nel settore domestico. Spesso, per semplicità o per abitudine, si tende a confondere compiti e terminologie, attribuendo a chi svolge pulizie anche funzioni di assistente familiare, o viceversa. Secondo la Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), la colf è colei (o colui) che si occupa principalmente della cura della casa, dei suoi spazi, della gestione della biancheria, della spesa alimentare, della preparazione e servizio dei pasti, e di tutte quelle attività che mantengono l’ordine e il benessere dell’abitazione. Le badanti, invece, sono specializzate nell’assistenza alle persone, soprattutto anziani e persone non autosufficienti, svolgendo spesso compiti di cura e supporto sanitario.

Nella prassi sindacale, la distinzione è sostanziale: mentre la colf lavora principalmente per la casa, la badante interviene nelle esigenze personali dei membri della famiglia. Questa differenziazione riflette anche il tipo di contratto, le tariffe e le modalità di inquadramento previste dalla normativa. La confusione tra termini può generare incomprensioni, sia dal punto di vista fiscale e previdenziale che nei rapporti interpersonali all’interno del nucleo familiare.

L’evoluzione della terminologia e il suo valore sociale

L’emergere del termine “colf” è legato a una più ampia evoluzione sociale e linguistica. Il superamento di parole desuete come “serva”, cariche di stigma sociale, è stato fondamentale per dare dignità professionale a chi svolge lavori domestici. Oggi si parla, con sempre maggiore consapevolezza, di collaboratori domestici e della necessità di riconoscerne pienamente i diritti e le tutele, sia in termini contrattuali che previdenziali.

Il cambiamento della terminologia non è solo una questione linguistica: è il riflesso di una società che riconosce l’importanza del lavoro di cura, della centralità del lavoro domestico nel funzionamento delle famiglie e nell’equilibrio tra lavoro e vita privata. In Italia, il settore domestico conta centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori, spesso migranti, che contribuiscono in modo insostituibile al benessere familiare, affrontando anche grandi sfide come la conciliazione di tempi di vita e di lavoro, l’empowerment femminile e l’integrazione sociale.

Normative, diritti e responsabilità: verso una definizione corretta

Definire correttamente il ruolo della colf è essenziale non solo per una chiarezza contrattuale ma anche per la piena tutela dei diritti. L’assunzione regolare di una colf è un obbligo giuridico, che impone la stipula di un contratto, la comunicazione dell’assunzione agli enti competenti (INPS e ClicLavoro), la gestione dei contributi e delle buste paga secondo quanto previsto dalla legge. Questo processo permette di garantire sia la sicurezza del lavoratore sia la tranquillità della famiglia datrice di lavoro, evitando rischi di sanzioni e contenziosi.

È importante sottolineare che il rapporto di lavoro domestico può essere sia a tempo pieno che part-time; anche poche ore settimanali impongono il rispetto della normativa, a conferma del valore riconosciuto a questa attività. Il contratto regolare non rappresenta solo un dovere, ma è il primo passo per una piena valorizzazione sociale e professionale della colf.

  • Pulizia e gestione della casa: attività quotidiane di igiene, ordine e manutenzione degli ambienti domestici
  • Preparazione dei pasti: cucina e servizio a tavola, gestione delle provviste alimentari
  • Lavanderia e stiratura: cura della biancheria, lavaggio, stiratura e riordino
  • Cura degli animali domestici: accudimento, alimentazione, pulizia degli spazi riservati agli animali
  • Cura degli spazi verdi: gestione di giardini, terrazzi, aree verdi domestiche

La definizione corretta di “colf” deve quindi essere fondata sul rispetto, sulla chiarezza contrattuale e sull’attribuzione di ruolo e competenze specifiche. Solo in questo modo si favorisce un reale progresso nella percezione sociale e nella tutela del lavoro domestico. Una società consapevole del valore del lavoro di cura contribuisce a costruire relazioni familiari più solide e una maggiore giustizia sociale.

Per approfondire ulteriormente il valore e la normativa legata a questa figura professionale, si può consultare la sezione dedicata su Wikipedia, che offre una panoramica dettagliata sull’evoluzione storica e legislativa.

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